Zadie Smith: Paesaggio al chiaro di luna con ponte.




Il Ministro dell’Interno era al centro della stanza, contemplando tre abiti appoggiati ad una sedia. Uno era di un azzurro cielo pallido; l’altro era marroncino, di materiale leggero, pensato per quelle estati terribili, l’ultimo era un pesante tre pezzi all'inglese in lana pettinata, grigio, per le visite di Stato. Erano accatastati l’uno sull'altro senza alcun ordine, tre cadaveri in un mucchio. Il resto della stanza di marmo – a sua moglie piaceva chiamarlo il “salone” – era nelle scatole, contrassegnate, ottimisticamente, con l’indirizzo del mittente. Entro un’ora, l’efficiente giovane Ari avrebbe guidato il Ministro verso l’aeroporto, e da lì – se tutto fosse andato bene – sarebbe partito per raggiungere sua moglie e i bambini a Parigi. Neanche un minuto dopo essere uscito dal viale con la macchina, ne era sicuro, il personale domestico si sarebbe gettato su quelle scatole come bestie selvagge su una carcassa. Il Ministro dell'Interno strofinò una gamba dei pantaloni del completo grigio tra le dita. Almeno era fortunato che il dipinto più importante nella casa fosse anche il più piccolo: una miniatura di van der Neer, che, nell'intreccio tra luce ed acqua, lo faceva stranamente ripensare al suo antico villaggio. Entrava senza problemi nella sua borsa porta abiti, avvolto in una federa. Tutto il resto bisognava rassegnarsi a perderlo: foto, vestiti, statue, il piano - persino i libri.

“Così va la vita,” disse ad alta voce il filosofico Ministro, sorprendendo se stesso – era una frase di un’esistenza precedente. “Così va la vita.” Senza mobili, senza tende, la sua voce era salita senza ostacoli fino al soffitto, come in una chiesa.

“Mi ha chiamata, signore?”

Elena era ferma nell'ingresso, più affranta di quanto l’avesse mai vista.

“Chiamata? No ... no.”

Sembrava non ascoltarlo. I suoi occhi erano posseduti da uno sguardo perplesso, aperti, ma senza vedere. Era lo stesso sguardo che il Ministro aveva notato in tutti quei ritratti di eroici contadini che ora erano appoggiati contro il muro.

“Giorni difficili, Lele,” disse il Ministro, sollevando il vestito blu e cercando di non farsi scoraggiare dalle sgualciture. “Giorni difficili.”

Elena attorcigliava il grembiule con le mani. I suoi bambini, sapeva che viveva sul mare con i suoi bambini. Lungo tutta la costa la rete telefonica era stata distrutta.

“Dio è potente,” disse, e piegò la testa. Poi: “Dio ha mandato questo vento.”



Il Ministro sospirò, ma non la corresse. Venivano entrambi dallo stesso villaggio, cugini alla lontana – lei aveva un prozio con il cognome della madre di lui. Apprezzava la sua semplicità. Aveva fatto molto per i suoi bambini nel corso degli anni, e per lui, sempre con la stessa devota sincerità,che, per il Ministro, era un ricordo del suo villaggio così come lo erano i cestini intrecciati in vimini e gli scialle vivacemente colorati della sua infanzia. Ma perché prostrarsi così tanto, come se lei fosse l’unica persona a soffrire?

“Fosse stato solo il vento!”, disse il Ministro, inclinando la testa per guardare attraverso il lucernario mancante. “Avevamo delle misure d’emergenza in caso di raffiche. Non è vero che non eravamo preparati. Questa è una bugia maligna della stampa straniera.” Indicò un albero di limoni fuori dalla finestra, spezzato e parallelo al terreno. “La combinazione di vento e acqua. Alla fine, è stato quello che si è rivelato così devastante. Per quello che ne so, la maggior parte nel sud sono morti per annegamento.”

Guardò con rimprovero il suo viso gonfio, reso ancora più gonfio dalle lacrime, e ai nastri del grembiule, che ritagliavano un rotolo circolare di grasso. Perché i suoi capelli erano così radi? Si passavano solo uno o due anni di differenza. Ma, di certo, lui non si era mai sentito vecchio, e di conseguenza non lo era mai sembrato. Un caso evidente, agli occhi del Ministro, dell’importanza della mente sulla materia.

“Dio è così potente,” disse Elena, e cominciò a piangere nelle sue mani.

Senza rendersene conto, il Ministro pensò alla sofferenza di Elena e la moltiplicò per la popolazione. (Sondando le sensazioni istintive della donna, era stato in grado di prevedere correttamente tre elezioni, le condanne a morte di alcuni noti criminali e i vincitori di mezza dozzina di programmi canori in televisione.)
Poggiò una mano leggera sulla sua spalla.

“Sfortunatamente, questi eventi atmosferici sono democratici. Grandi paesi, piccoli paesi. Veniamo tutti presi di sorpresa. Non è possibile prepararsi del tutto.”

“Che Dio aiuti i bambini!” esclamò Elena. Si abbandonò nella sua mano, come una mucca che spinge la porta di una stalla. Delicatamente, il Ministrò la fece sollevare.

“Beh, quando ci saremo stabiliti a Parigi, Lele, li manderemo a prenderti.”

“Sì, Ministro,” disse Elena, ma continuò a piangere senza sosta, come se avesse appena detto “Quando ci saremo stabiliti a Parigi, non avrai mai più nostre notizie.”

“Ministro,” disse Ari, apparendo nell'ingresso.

Il Ministro fece un passo in avanti e strinse la domestica al petto. La ragazza di vaghe fantasie erotiche era svanita, nelle sue braccia teneva una donna anziana, facilmente confondibile con sua madre. Difficile credere che lei una volta fosse stata il dolce sollievo dallo sconvolgimento e dalla noia della prima gravidanza di sua moglie, per tutti quei mesi, in questo clima spietato, con una donna così complicata e viziata. Adesso la più giovane figlia del Ministro stava compiendo diciassette anni, e sua moglie sperava di presentare la bambina come debuttante in un grand hotel di Parigi, cercando qualche tipo di opportunità in quella crisi. Pensando a questo fatto peculiare, il Ministro si era bloccato su una frase: sono più lontano dal mio villaggio ora di quanto lo sia mai stato. Corsivato proprio così, nella sua mente. Turbato, si tirò indietro, ficcando nelle mani della donna una mazzetta di banconote spessa quattro centimetri, che, per la prima volta nella loro storia, lei non aveva finto di non poter accettare, prendendola da lui come qualsiasi mendicante della strada, piegandola, piangendo ancora un po’.

“L’ora, Ministro,” fece Ari, picchiettando sul polso.

Il Ministro non metteva piede fuori da tre giorni. Finora la devastazione che gli scorreva davanti aveva riservato poche sorprese, forse perché le troupe televisive straniere filmavano solo così, dal finestrino di un veicolo in movimento. Per il primo miglio o quasi, la magnitudine di quello che era successo non era affatto ovvia. Lì sopra, la tempesta aveva abbattuto solo un albero su tre, fatto esplodere un paio di finestre, e conficcato un generale di pietra e il suo cavallo dritti nel terreno. Nel momento in cui giunsero nella valle, tuttavia, qualsiasi speranza che la televisione avesse esagerato venne distrutta. L’acqua si era ritirata, lasciandosi dietro di sé un mondo composto da brandelli di plastica, legno e corde. Sotto al muro che una volta circondava la piazza per le parate, il Ministro scorse diverse paia di piedi, gonfi e viola, liberati dalle scarpe. Se Ari avesse rallentato anche solo per un istante, si sarebbe sentito il suono delle mani che battevano sul bagagliaio, ma non rallentò quasi mai, e il Suv travolse qualsiasi cosa sul suo percorso. Il Ministro pensò ai suoi figli mentre intraprendevano lo stesso viaggio quarantotto ore prima. Attraverso i vetri oscurati osservò la sua gente rovistare tra una montagna di detriti in cerca di cibo. Gemette e pianse con discrezione in un fazzolettino.

“Oh, non voglio sentire questa roba.”

Il Ministro – che non aveva pensato di poter essere visto o udito – percepì un’ondata di umiliazione e collera, che lo fecero irrigidire contro il sedile, infiammando la punta delle sue orecchie.

“Non era molto d’aiuto prima” – Ari picchiettò il navigatore satellitare attaccato al parabrezza. “ E non serve a nulla adesso. Se una strada mi sembra a posto, la prendo. Altrimenti devio. Per lei va bene, Ministro?”

“Sì, sì, fa' come credi.” Il sangue che era salito alle sue estremità ritornò da dove era venuto. La sua lingua si rilassò; la faccia perse quella smorfia deforme. Si asciugò l’umidore dalle guance, ripiegò il fazzoletto a punta di diamante e lo ripose nella tasca in alto del suo completo grigio.

“Certo, l’intero sistema è collegato ad un satellite militare americano,” disse il Ministro, sporgendosi in avanti ad osservare la deludente tecnologia mentre suggeriva strade inaccessibili e indicava un ponte non più esistente. “Se gli americani dovessero mai decidere di spegnerlo, verremmo tutti catapultati nell'oscurità. Metaforicamente parlando.”

Ari scosse la testa: “Sarebbe un disastro.”

Attraverso il parabrezza poterono vedere un ammasso di gente raccogliersi in attesa fuori da un ufficio municipale vuoto. Mentre l’auto si avvicinava, le teste iniziarono a girarsi, seguite da mani portate all'altezza della gola, che davano colpetti sulla pelle in quel punto, a ripetizione, come una specie di richiamo di accoppiamento collettivo. Il Ministro sfoderò una penna e un taccuino dalla tasca interna e annotò la località. Per chi, e a quale scopo, non lo sapeva più.

Ari si asciugò la fronte con la manica. “Non possiamo passare per di qua.”

“Noi non stiamo per passare”, lo corresse il Ministro. “Noi ci stiamo per fermare. Ci sono tre casse d’acqua nel bagagliaio.

Ari fece un’espressione incredula nello specchietto retrovisore.

“Saranno nuovamente assetati quando calerà il sole. Nel frattempo lei avrà perso il suo volo.”

Il Ministro recuperò il fazzoletto per occuparsi del sudore sulla sua fronte.

“La tua generazione è così cinica. Dovresti aiutare ogni singolo individuo che incontri, Ari, di riflesso, senza pensarci.” Ari poggiò la testa sul volante. “Qui ci troviamo di fronte ad una fondamentale debolezza della dottrina di Cristo,” dichiarò il Ministro, facendo quella faccia saggia e affidabile che aveva sempre avuto un certo successo durante i suoi interventi televisivi. “Si preoccupa troppo della coscienza, dei fondamenti logici e così via. Ora, io stesso sono uno studioso della natura umana. Osservo ogni fede e traggo le mie conclusioni. Per esempio, se un cristiano vede un mendicante per strada, comincia a torturarsi. Dovrei dargli i soldi che ho nelle tasche? E se li usa per comprarsi da bere? Che succede se li spreca? E se ci fosse qualcun altro che ne ha più bisogno? E se fossi io ad averne più bisogno? E così via. Gli ebrei, i musulmani – vedono un mendicante, gli danno i soldi e se ne vanno. L’azione si giustifica da sé.

“Io non sono cinico,” obiettò Ari. “Come potrei essere cinico? Il fatto è che sono buddista.” Esaminò i suoi capelli nello specchietto laterale e schiacciò il tasto del finestrino posteriore. Aria fetida – che il Ministro aveva precedentemente messo in chiaro di non voler respirare – invase l’abitacolo.

“Accosta qui. Guarda, non ho intenzione di insultarti – io poi non sono nessuno, come ho detto, solo uno studioso della natura umana, non c’è modo di sentirsi offesi. Distribuiamo quest’acqua, va bene? Poi possiamo proseguire.”

Con un gran sospiro,  Ari guidò fino a quando non furono a meno di tre metri dalla folla. Qui si fermò, lasciando il motore acceso. Il Ministro, che non era un uomo alto, fece dondolare i suoi piccoli piedi verso destra, provò ad aprire lo sportello un paio di volte, chiese ad Ari di togliere il blocco per i bambini, e saltò in una melma che gli arrivava alle caviglie. La sua scarpa sinistra venne via e fu sommersa. Catturando l’attenzione di un’attraente contadina che portava in braccio un bambino cicciotto – sui sei o sette anni – pensò di cogliere nella sua espressione ansiosa il dilemma dell’intero gruppo. Mantenere la propria posizione? O rischiare di perdere il posto per un omino sospettoso che ancora si preoccupava delle sue scarpe?

“Acqua!”, urlò il Ministro – questo interruppe il momento di stallo. Aveva recuperato la sua scarpa, e ora, senza averlo pianificato, si ritrovò a spalancare le braccia. Era forse venuto per abbracciarli tutti?

“Abbiamo dell’acqua! Prima le donne e i bambini!”

La folla gli corse incontro, ignorando le sue istruzioni. Si allontanò da loro, camminando goffamente nella melma verso il bagagliaio. Il primo a mettergli una mano addosso fu un uomo di mezza età con una ferita alla testa che aveva bisogno di essere medicata. Per un momento, sembrava aver riconosciuto il Ministro. Tuttavia, anche se fosse stato riconosciuto, sarebbe stato del tutto inutile. C’erano state cose che contavano, prima della tempesta, e cose che avevano importanza ora, e il Ministro capiva perfettamente di appartenere alla prima categoria. A chi poteva importare, oggi, del Blocco dei Capelloni? Gli uffici del Ministro, così come gran parte del governo, erano stati rasi al suolo; osservando un tale caos nel notiziario, perfino il Ministro non era stato in grado di sbarazzarsi di quella nozione infantile che era stata schiacciata per terra. Che cos'era un Ministro senza un ministero?

“Per favore, ti scongiuro – aiuta la mia famiglia.” Così disse l’uomo con la ferita. In quello stesso momento, la testa di Ari sbucò dal finestrino. Questo lasciò poca scelta al Ministro, se non mettere mano al portafogli, tirar fuori le banconote rimanenti e porgerle nelle mani dell’uomo, una parte delle quali venne immediatamente presa da una ragazzina, che a sua volta si vide portar via la propria parte da qualcun altro, e a quel punto il Ministro, accerchiato, si rimboccò le maniche e si voltò per chinarsi verso il bagagliaio. Lo colpì un paio di volte con un pugno imperioso, si aprì, come per magia. La prima cosa da fare era strappare la plastica che ricopriva le casse e nel frattempo tentare un rapido, impreciso calcolo del numero di bottiglie per ogni fila. Ma la plastica non venne rimossa così facilmente, e, prima che avesse finito di strapparne anche solo un angolo, sentì tante mani che si allungavano addosso a lui, spingendolo da una parte, buttandolo per terra. Tempo di rialzarsi sulle ginocchia, cadere di nuovo, aggrapparsi al paraurti e trascinarsi su, che le casse erano andate, le persone stavano ritornando di corsa verso l’edificio comunale e tanti piccoli litigi erano scoppiati. Il Ministro restò in attesa a lato del veicolo e passò rasente al portellone posteriore, con una scarpa persa per sempre nel fango. Si sollevò a fatica sul proprio sedile. Senza fare commenti, Ari gli passò una vaschetta di salviette umidificanti. Senza fare commenti, il Ministro la prese.

Prima della tempesta, probabilmente il Ministro avrebbe impiegato un’ora per raggiungere l’aeroporto. Ora il sole scendeva da una parte del cielo, mentre la luna saliva dall'altra. Osò dare un’occhiata al proprio orologio. Erano passate cinque ore da quando aveva promesso ad Ari che non avrebbe più tentato di scendere dall'auto.

“Ma non posso resistere ulteriormente. Temo che sia inevitabile, Ari.”

“Ministro, tutto è evitabile.”

“Vuoi che mi pisci addosso? È così?”

“Non dovrebbe fare promesse che la sua vescica non può mantenere”, disse Ari, facendo riflettere il Ministro sul fatto che nessuno possa veramente dire di conoscere una persona, finché non si ritrova in una situazione estrema insieme ad essa.

“Ti dico che è inevitabile!”

“Beh, non so dove crede mi possa fermare. Tutta questa gente sta cercando di arrivare in aeroporto. Se ci fermiamo mi taglieranno la gola!”

“Stai diventando isterico,” disse il Ministro. Indicò una chiesa in mattoni le cui quattro mura stavano ancora inseme, fornendo l’unico spazio d’ombra per miglia.

Ari parcheggiò esattamente davanti all'entrata, come un autista che consegna una sposa. C'erano persone ovunque, insieme a macchine e furgoncini e camion dei notiziari. L’arrivo di un piccolo uomo ben vestito con una scarpa sola non aveva attirato molto l’attenzione. Il Ministro si fece largo tra una massa inerte di persone finché non raggiunse il cortile dietro alla chiesa, dove si svuotò contro un frammento impolverato di muro blu, guardando con interesse mentre tornava vivido come il mantello della Vergine. Da qualche parte, alla sua destra, una troupe tedesca prestava un microfono panoramico a quella americana. “C’è una donna lì dentro che accende candele, prega,ecc...” disse una voce americana. “Il suo inglese è piuttosto buono.” Al che un tedesco rispose, “ Io penzo che abbiamo  ripreso abbastanza chiesa.” Il Ministro si tirò su la lampo e tornò indietro, con quanta più dignità riuscisse a gestire, verso la folla pressante, accettando il sudore di tanti sconosciuti. Persone senza direzione o meta, che schiacciavano svogliatamente le mosche, gironzolavano senza altro scopo se non essere le une tra le altre.

Ebbe un flash di Ari, che fumava loscamente fuori dal finestrino – prima che un uomo alto gli coprisse la visuale. Accorsero sempre più persone e il Ministro non poté proseguire oltre. Poi urla improvvise ed uno schianto; tutti si girarono per affrontare i violenti raggi di sole ad ovest, e l’ombra scura di un camion, da cui due figure, sagomate, lanciavano sacchi nel mezzo della folla. Farina di granturco? Riso? Perché non chiedevano di mettersi ordinatamente in fila? Perché causare il massimo della confusione? Di fianco al Ministro, una donna isterica teneva il suo bambino al di sopra della propria testa e piangeva. Uno spettacolo piacevole per la stampa estera! Un sacco stava arrivando verso di loro; il Ministro gentiluomo si mosse per spingere la donna lontano dal suo percorso. Fu ricompensato da un poderoso pugno ignoto che incontrò la sua tempia sinistra. Ancora una volta si ritrovò per terra, a contemplare i piedi scalzi dei suoi conterranei. Dolorante, invocò l’aiuto di Ari; Ari sentì, Ari rispose – ma poi non accadde nulla. La folla era troppo densa da penetrare. Il Ministro decise di farsi strada gattonando su mani e ginocchia e in questo modo riuscì a procedere.Si trovava a circa un metro dalla macchina, quando venne rimesso rozzamente in piedi e rimproverato da un paio di enormi mani pelose.

“In piedi, in piedi – abbiamo bisogno che stiano tutti in piedi, se riescono! Croce Rossa! Croce Rossa!
L’uomo che stava urlando era robusto e oscuro, con un naso rotto da pugile, magro, capelli neri setosi tagliati alla Cesare, e il mento con una grande, sgraziata fossetta. Era in uniforme, e, nonostante la confusione del momento, qualcosa nel Ministro aveva registrato l’insensatezza di ciò, nei termini sia del particolare corpo di quest’uomo in un’uniforme, sia dell’uniforme stessa.

“Per favore mi tolga le mani di dosso – sto andando alla mia macchina.”
Il grande uomo sorrise stupidamente e afferrò il ministro per il gomito. Una scossa di dolore chiarificatore arrivò: se lo fratturò, nella caduta. Al pensiero di trascorrere del tempo in un ospedale locale, le gambe del Ministro si fecero molli. Per risposta, l’uomo si caricò di quasi tutto il peso del suo compagno e cominciò a a infilare il suo gigantesco corpo tra gli ultimi due strati di persone finché non raggiunse la maniglia della macchina.
“Croce Rossa! Fai manovra. Aprirò quando ti sarai liberato di loro.”

“Non fare una cosa del genere!” il Ministro gracchiò. Ma aveva perso il voto di Ari. La macchina fece inversione, muovendosi così veloce che l’uomo e il Ministro furono costretti a correrle dietro. Quando si furono relativamente liberati della folla, l’uomo saltò nella macchina,  tirò il Ministro di fianco a lui e chiuse la portiera.

Il Ministro si scostò fino a schiacciarsi contro il finestrino.

“Lei ha fatto un grave errore. Io sono il Ministro dell’Interno - la invito a scendere da quest’auto immediatamente.

L’uomo fece una risatina e diede una pacca sul ginocchio delicato del Ministro.

“So chi siete, Ministro. Vi ho visto arrivare. Voglio solo andare in aeroporto, tutto qui. Nessun pericolo.”

“Ari, quest’uomo non è della Croce Rossa – questa non è un’uniforme della Croce Rossa. Ferma immediatamente la macchina.”

L’uomo si piegò in avanti e puntò la lama piatta di un coltello dietro al collo di Ari.

“Continua a guidare,” disse.

Ari urlò, un urlo da donna. L’uomo rise di nuovo: la geniale, calda risata di qualcuno che trova il mondo delizioso.

“Metta giù quel coltello,” disse il Ministro, con un filo di voce.

“Va bene,” disse l’uomo, senza alcun rancore, e fece scivolare l’arma nella tasca dell’uniforme. “ Tanto vedrete che non fa alcuna differenza.”
Esaminando Ari, alla guida e in lacrime, e se stesso – un gentiluomo debole nei suoi sessantacinque anni, con un gomito rotto, e che, dopo tutto, non pesava più di sessanta chili - il Ministro dell’Interno capì che l’uomo aveva perfettamente ragione.

Passarono davanti alla vecchia cisterna. Il Ministro ricevette una gomitata delicata tra le costole mentre gli veniva offerto quello stupido sorriso.

“Nulla da dire?”

Il Ministro sollevò il mento e guardò fuori dal finestrino. La cisterna faceva parte di un fallimentare progetto d’opere pubbliche, che il Ministro aveva presieduto, risalente ad una decina di anni  prima, ed era sempre sgradevole passarci davanti sulla strada per l’aeroporto.

“Siete arrabbiato. Certo, so molto bene che siete un uomo orgoglioso a cui non piace essere preso in giro. Suppongo di avervi preso in giro, Ministro. Ma pensate a me! Sono deluso!”

Il sole stava tramontando, rosa, sopra l’acqua stantia, e i muri di calcestruzzo spaccati della cisterna traboccante la facevano sembrare la vasca di qualche anfiteatro in rovina. Aveva una strana bellezza. Il Ministro non vi aveva mai colto alcuna bellezza prima d’allora. Avrebbe voluto non doverlo notare ora, mentre era bloccato in macchina con un pazzo e un codardo, sulla strada verso la propria esecuzione.

“Potrei non essere molto istruito, Ministro, ma ho i miei pensieri e sentimenti. Non dovreste giudicare un libro dalla copertina.”

Il Ministro, perso nello stordimento fatalista, si girò verso il suo carceriere con un’espressione addolorata e disse, come fosse un dato di fatto, “ Ma sicuramente ci ucciderai.”

L’uomo si accigliò e si morse il labbro.

“Ma davvero non mi riconoscete? Davvero non riuscite? Oh, che delusione!”

Da parte di Ari, un altro mugolio.

“Dovrei conoscerti?”

“Beh, ne abbiamo passate di belle insieme. Sebbene i miei capelli siano più corti adesso. D’altro canto lo sono anche i vostri. E il Primo Ministro – è pelato come una palla da biliardo! Ed era il ragazzo con i capelli più lunghi di tutti! Ah! Ah! Che ragazzini che eravamo tutti quanti!”

“Per favore non uccidermi per favore non uccidermi per favore non uccidermi”, supplicò Ari, e, nonostante il tramonto li stesse parzialmente accecando tutti, e la grande minacciosa mano che al momento stava tenendo stretto il ginocchio del Ministro, il meticoloso e rancoroso Ministro prese nota dell’uso di Ari del pronome al singolare.

“Chi ha parlato di uccidere qualcuno? No, no ,no. Abbiamo smesso un sacco di tempo fa. Tanto tempo fa. Alcuni di noi hanno già scontato per questo, altri no – e dico “ben fatto” a quelli che non sono stati dentro! Ora mia avrete riconosciuto per forza, Ministro. Marlboro! Marlboro Man. Nessuno ci crede quando dico che è stato il Primo Ministro in persona darmi il soprannome. Ma è vero! Mia zia di solito mi spediva quelle rosse dall'America – ve lo dovete ricordare – e lui amava fumarle. Un giorno, ci stavamo accampando, eravamo molto in alto, sulle colline,  e disse “Ehi, tu, Marlboro Man – e mi si è attaccato addosso. Quarant'anni dopo, ce l’ho ancora appiccicato.”

Se un campanello suonò per il Ministro, fu sicuramente debole. Unì le punte delle sue dita e premette le mani, capovolte, tra le ginocchia.

“Deve capire, non c’è modo che io possa mettervi su un aereo. Quando arriveremo, lei sarà arrestato. Sarà fuori dalla mia competenza. Non c’è altro esito.”

Marlboro Man diede al ginocchio del Ministro una gioviale strizzata.

“Ma io non voglio salire un un aereo, Ministro. Desidero solo raggiungere l’aeroporto. È lì che abbiamo sentito che si trova tutta l’azione – ed io voglio sempre essere dove c’è l’azione. Soldi, cibo, ragazze! Inoltre, io ho dato una mano a costruirlo – mi piacerebbe rivederlo.”

Sicuramente fu un segno della paura e della distrazione nella testa del Ministro, dato che solamente Ari comprese il significato di questa rivelazione. Il nome della famigerata prigione scappò dalla bocca aperta del giovane uomo come un rutto involontario. Marlboro Man applaudì battendo le mani sulla schiena di Ari, congratulandosi con lui per aver risolto un allegro indovinello.

“Abbiamo provato a scappare via da quel posto per trent'anni – e poi il Signore stesso arriva e lo fa per noi. Sono venuti giù i muri - piatti come un pancake! Che roba! Chiunque fosse ancora sui suoi piedi è semplicemente uscito fuori, alla luce del sole, guardando in alto verso il cielo azzurro pulito... Ah!

Distese le braccia attorno al sedile posteriore. Al Ministro ricordò un turista che si sistemava sopra una duna di sabbia.

“Tutti i criminali fuggitivi verranno giustiziati”, disse il Ministro, costretto a ripetere quello che aveva sentito nel telegiornale. “La loro unica possibilità è consegnarsi alle autorità.”

“Io la vedo così”, disse Marlboro Man, “questo è un momento di opportunità – per entrambi.”  Fece l’occhiolino, poi prese la mano sinistra del Ministro e la spinse sul suo ginocchio finché non gridò per il dolore. “ È tutta questione di tempistica. La cosa che ho sempre ammirato in voi, Ministro, è il vostro tempismo. Avete sempre saputo quando entrare in azione, quando un regolamento di conti stava per avvenire. E lo vedete, non è vero? Vedete che le persone hanno cominciato ad annusare la vostra merda – e non è poi così dolce! Ah-ah! Finalmente, possono odorarla. Voglio dire, l’hanno sempre odorata, ma in quel momento erano bambini – eravamo bambini! – e ora sono cresciuti e non hanno paura di dirvelo in faccia. Questione di giorni ormai. Il prossimo anno avranno messo in manette la maggior parte di voi, verso L’Aia! Che fortuna: il vento è arrivato, appena in tempo! Eh? Il Signore è il mio pastore; non manco di nulla!  È un’opportunità, e voi la state cogliendo. Capite, vi ammiro! Sono uno che studia la storia – ora, non ridete. Ve lo dico, un uomo ha un sacco di tempo per leggere in quella cella minuscola. Ho provato a farmi un’educazione da solo. Voglio essere un passo avanti alla storia - non è questa la partita? Forse non gioco bene come fate voi. Ma sto imparando. Oh, sì, sono quasi diventato un vero studioso di storia.”

Era una follia, ovviamente, e il Ministro non poteva immaginare che Ari ci avrebbe trovato un senso, ma, allo stesso tempo, era sfortunato che nella follia di quest’uomo fosse comparsa quella particolare frase, così simile a quella del Ministro, che continuava a ripetere, con un ghigno idiota e complice, e che necessitava, sentiva il Ministro, di una riaffermazione della propria posizione, affinché Ari potesse udire un’eco finora assente.

“Io, nel frattempo, sono diventato uno studioso della natura umana.” Con la mano libera, il Ministro provava a tenere insieme il suo gomito distrutto. “E gli studiosi della natura umana capiscono che i bambini ingrati ritornano sempre alla saggezza dei genitori, alla fine.”

“Ah...”

Sotto il taglio alla Cesare, la fronte di granito dell’uomo era rugosa, e la punta della sua lingua faceva capolino dalle labbra, come uno scolaro impegnato in un terribile esercizio di calcolo. Osservando questo sforzo, un pensiero del villaggio venne al Ministro – un ricordo, veramente, del Diavolo da giovane. I racconti sull'infanzia del Diavolo erano una specialità della sua gente; Elena aveva un modo magnifico di raccontarle, trasformandole in storie della buonanotte per i bambini del Ministro – un’abitudine alquanto da classe inferiore che il Ministro avrebbe dovuto disapprovare. A differenza dei suoi colleghi, tuttavia, e della sua complicata moglie, il Ministro degli Interni era essenzialmente un pragmatico: fosse stato per lui, gli uomini politici non avrebbero mai potuto attraversato le soglie di camere da letto o dei templi. Credeva nel lasciare le persone alle loro fantasie private. Quando i suoi figli erano piccoli, gli piaceva aprire la porta del suo studio durante la notte, e, mentre tagliava le buste delle lettere con un coltello dal manico in perla, ascoltava i dialoghi del Diavolo di Elena. In queste storie il Diavolo non era mai un idiota, no, non proprio. Era come questo tipo alla sinistra del Ministro. Un bravo studente, molto vigile, entusiasta di darci dentro, e che, nonostante tutto, imparava sempre la lezione sbagliata.

“Non siamo stati bambini?”, urlò l’uomo all'improvviso, sbattendo pesantemente il pugno sulla fodera. “E non siamo stati ingrati? Poi siamo diventati padri a nostra volta. Questa è la verità. Sì, siamo stati giovani – eravamo eroi! Ma non siamo più dei capelloni, fratello mio. Eppure siamo sopravvissuti. Gran parte delle persone non ce l’hanno fatta. Perciò questo deve essere celebrato. È un segno. Non lo vedi? Lo devi vedere. Tu ed io! Sopravvissuti!”

I colpi sul sedile continuavano ad irradiarsi verso il gomito del Ministro.

“Non lo vedo,” sussurrò. “Non lo vedo, perché non c’è alcuna analogia tra di noi. Io sono il Ministro dell’ Interno. Tu sei matto. Forse una volta eri uno di noi – o hai lavorato per noi. Non lo so. Dici di averlo fatto. Ora sei un criminale. Un fuggitivo e un criminale.”

Durante la sua agonia, il Ministro riuscì a sentire una certa soddisfazione nell'aver colpito nel segno. Un’espressione di imbarazzo che aveva attraversato il viso di Marlboro Man. Per nasconderlo, si era voltato dal Ministro per guardare il finestrino.

“Oh, non intendevo offendere, Ministro, assolutamente. Tutto quello che voglio dire – e perdonatemi se non sto parlando in modo elegante – è che voi siete stato intelligente e noi stupidi. Tutto qui. E mi lasci dire, eravate molto ammirato da queste parti, veramente. Molto più del Primo Ministro. Perché ricordavamo che una volta eravate uno di noi! Più intelligente di noi, forse, ma pur sempre uno di noi. Ma lui? Mai, no davvero. Dal momento che non si è mai sporcato sul serio le mani. Non come facevamo noi. E ora ci chiamano “mercenari” e ci sbattono in prigione e pretendono di non averci mai conosciuti. Ma senza uomini come noi, ci sarebbe stata la vittoria? Rispondetemi. Quel ragazzo si è preso la gloria, ma sono stati gli altri a fare il lavoro. Aveva solo una bella faccia. Come questo tipo qui.” Si allungò in avanti, vivace in modo terrificante, e afferrò una guancia di Ari tra il pollice e l’indice. La macchina sbandò in direzione di un fosso profondo al lato della strada – stavolta toccò al Ministro urlare– prima che Marlboro Man si piegasse completamente in avanti per afferrare velocemente il volante con la mano libera, riportandoli in asse.

“Niente panico,  niente panico” disse il loro sequestratore, affettuosamente. Batté in cima alla testa dell’agitato Ari, sospirò, e affondò le sue grosse chiappe nella fodera.

 “Ma tu! C’è un sacco di sangue da lavare via, fratello. Oh, non l’abbiamo mai dimenticato. Un dannato fiume di sangue. L’ho visto, io ero lì. Fin sopra le ginocchia! Fin sopra le ginocchia!”

Il Ministro, che stava riemergendo proprio ora dalla posizione di sicurezza, alzò gli occhi per trovare Ari che lo guardava in modo strano nello specchietto. Non importava che fosse una grottesca esagerazione: un fiume, macchiato di rosso per il sangue, non è la stessa cosa di un fiume di sangue. Ma il Ministro non aveva dimenticato, no, non le cose efferate, né le aveva, come avevano fatto in molti, esagerate o nascoste. Ricordava perfettamente come si presentava il Primo Ministro a diciannove anni, mentre segnava un’imboscata su una cartina. Ricordava come li aveva reclutati dai villaggi, offrendo pistole a giovani delinquenti che non sapevano nemmeno pronunciare il proprio nome.  Ricordava le due metà della testa di una ragazza, mentre rotolavano giù per un argine tra le canne verso il fiume. Divise, forse,  proprio dal machete di quest’uomo. Tutti i loro ragazzi avevano combattuto come animali, in un momento o in un altro. Ma il Ministro non aveva mai dimenticato, neppure, la bellezza e il trionfo silenzioso che erano seguiti a quei giorni sanguinosi. Una vita diversa. Condividendo cibo povero sotto la luce della luna, non solo con i ceffi dell villaggio, ma con sfrontati, intelligenti, giovani uomini impegnati per il futuro della loro nazione e pronti a rischiare tutto – inclusa la contaminazione eterna dei propri crani.

“Una femminuccia. Sempre con qualche libro da femminuccia nella tasca posteriore. Saresti potuto essere tu, fratello. Fino alle ginocchia!”

Così va la vita. Il Ministro dell’Interno e il ragazzo pensieroso che più tardi lo avrebbe nominato per quel ruolo, avevano letto insieme un libro emozionante di un autore americano con un nome tedesco – Vonnegut! Una storia di guerra. Li aveva così elettrizzati a quell'epoca, tuttavia, quarant'anni dopo, il Ministro aveva scoperto di aver trattenuto nella mente solo una frase e che non riusciva nemmeno a ricordare il titolo. Ma ricordava due giovani uomini piegati su un’edizione tascabile malridotta, sotto ad un albero nel centro ripulito di un villaggio. I libri erano stati importanti a quel tempo – stavano sempre a prendere citazioni da essi. Ragazzi capelloni, dalle grandi idee. E ora, tutto quello che il Primo Ministro stava leggendo erano i suoi estratti conto. Nella sua essenza, però, era sempre lo stesso uomo semplice e buono, agli occhi del Ministro – ingenuo, quasi, fedele come un cane verso i suoi valori e il suo odio. Se stavi dalla parte giusta del Primo Ministro, saresti rimasto lì. Così, alla fine, era accaduto per il Ministro. Qualsiasi cosa avesse avuto bisogno gli era stato garantito, fino a e incluso questo volo serale. Aveva avuto fortuna, sempre.


“Che fortuna!” urlò l’uomo, e il Ministro, strappato dai suoi ricordi, cominciò a temere che qualche tipo di magia voodoo fosse all'opera. “Il livello dell’acqua è sceso! Guardi quella bella luna cicciona! Possiamo passare per il ponte!”

Attraversarono l’ultimo ponte. La piccola tendopoli sorta attorno all'aeroporto si stendeva di fronte a loro. Il coltello era riemerso, stavolta tenuto basso, alla vita di Ari. Ad un posto di controllo improvvisato, Ari infilò il tesserino governativo verde sotto al parabrezza agitando una mano, gli venne dato il segnale per poter passare, e gli venne spiegato di seguire una macchina della polizia oltre il campo e i suoi abietti abitanti.

“Lasciatemi dove volete”, disse Marlboro Man. “Vicino a una con le gambe aperte. ‘Alziamo  gonnelline e sfondiamo vagine!’ Ricordi la vecchia canzone? E cominciavano tutte a correre insieme alle loro madri per nascondersi nei cespugli! Ah-ah! Ora, non può invidiarmi per questo, Ministro, davvero. Probabilmente se n’è fatta qualcuna ieri – ma per me è passato un po’ più di tempo.”

Per essere un uomo così grosso, si muoveva agilmente, scavalcando il Ministro, aprendo la portiera, e scendendo sulla strada sterrata, sorridendo tutto il tempo. Il Ministro chiuse la porta dietro di lui.

“ Che... che cosa sta facendo? Ministro Ministro? Se ne sta andando!”

Il telefono del Ministro era freddo nella sua mano. Guardò l'uomo perdersi nella folla. Sentì come se stesse liberando lo spirito del caos nel mondo. Ma non era già passato di lì?

Tutti i voli commerciali erano stati cancellati. Il piccolo aeroporto mezzo distrutto era diventato una base per soccorritori, giornalisti rimasti a piedi e soldati addormentati. Solo la pista di atterraggio era ancora in funzione. I pochi aerei disponibili erano stati noleggiati dal governo e i passeggeri tentavano di avvicinarsi ad essi guidando fino alla recinzione del gate, dove i loro documenti venivano controllati da ancora altri ufficiali. Quando venne il turno del Ministro, alcuni giovani uomini si avvicinarono alla macchina, in uniforme, o vestendo i rassicuranti completi blu scuro. “Per di qua, Ministro, per di qua,” dissero, facendolo uscire di fretta dall'auto. Stava attraversando la pista illuminata a giorno, quando realizzò di non aver detto addio ad Ari, ma quando si voltò non poteva più vedere nemmeno la macchina. Centinaia di persone erano ammassate contro le recinzioni, sventolando fogli per aria, gridando e implorando. Appena oltre la linea gialla, lungo la quale un tempo al Ministro piaceva camminare nel suo modo ordinato e ben eretto, trascinando dietro di sé con discrezione una lussuosa valigetta marrone e oro – proprio dalla parte opposta alla linea gialla, invece del solito viavai degli addetti a bagagli e valigie, giaceva un ragazzo che indossava un giubbotto di sicurezza giallo acceso e pantaloni stracciati, e dormiva sulla pista, con la testa appoggiata ad un masso.

“Questo aereo qui, Ministro. Si tenga sulla sinistra, Ministro. Continui ad andare, Ministro. Ministro?”



Ma qualcuno stava urlando il suo nome, il nome di battesimo che sentiva così raramente in quei giorni, e si fermò all'istante. Girò su se stesso in cerca della fonte e presto la trovò, una testa ben distinta e spalle più alte della maggior parte dei minuscoli contadini. Stava sorridendo con lo stesso diabolico ghigno, e con frenesia faceva il vecchio gesto di solidarietà al di sopra della propria testa, con i pugni incrociati, che una volta tutti utilizzavano per dire: “Anche tu sei mio fratello.”

“Arrestate quell'uomo”, disse pacatamente il Ministro all'assistente al suo fianco che, non sentendo o non capendo, annuì un paio di volte e disse,“Da questa parte, Ministro, la prego.” Attraverso la distesa d’asfalto, il Ministro e Marlboro Man incrociarono lo sguardo.

“Bon Ua Ya Gi! Bon Ua Ya Gi!”

Bon Voyage. Una frase che probabilmente aveva sempre e solo visto scritta. Gridava con tutto il fiato che aveva nei polmoni. E ripeteva quel gesto, all'infinito, un gesto che il Ministro riconosceva, a malincuore, essere passato di moda non molto tempo fa – ora era tornato in auge; il Ministro stesso non lo faceva più da diversi anni. Vedeva la gente attorno a quel pazzo tenersi a distanza dalle sue braccia giganti, mentre lo malediceva e lo insultava.

Il Ministro cercò di convincersi che nulla di orribile stesse  accadendo – un idiota gli stava semplicemente augurando buon viaggio. Bon Ua Ya Gi! Bon Ua Ya Gi! Si girò verso il facchino e ancora una volta tentò di dargli istruzioni, ma il motore del jet venne messo in moto e questo nuovo rumore sovrastò tutto, tranne quelle ridicole parole, accompagnando i passi del Ministro come una specie di incantesimo o come i gradini di una scala che sembrava salire e scendere allo stesso tempo. Bon Ua Ya Gi! Fin sopra le ginocchia!

“Da questa parte, Ministro. Da questa parte.” Sembravano esserci così tante persone a toccare il Ministro, guidarlo, consigliarlo, che gli sembrava d'essere trascinato, più che di camminare sulle proprie gambe. Smise di provare a parlare. A cosa serviva usare le parole? Azioni, solo azioni. A pochi passi dalle scalette dell’aereo si rese conto di un improvviso cambiamento nella luce: un’insolente nuvola grigia si intromise tra il Ministro dell’Interno e quella paffuta, bellissima luna. Calde gocce di pioggia, grosse come ghiande, caddero sul suo naso, sulla sua unica scarpa. Sul bavero, sul mondo. La pioggia si riversava, dalle curve dell’aereo, in torrenti, si scatenava contro lo scadente tetto metallico dell’aeroporto, lasciando il Ministro fradicio, rendendo ancora più difficile udire le istruzioni e poi, altrettanto repentinamente, cessò. La nuvola si spostò e tornò la luna. Il ministro si teneva il gomito. Strinse al petto la sua borsa porta abiti. “Da questa parte ministro, per di qua” Il Ministro tacque e li seguì.

Aert van der Neer - Paesaggio al chiaro di luna con ponte.


Zadie Smith è una scrittrice inglese. Il suo ultimo libro, NW, è stato pubblicato in Italia nel 2013 da Mondadori. Questo racconto è apparso sul New Yorker , il 10 febbraio 2014. 




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