Mar del Plata.




Loro lo sapevano bene quello che c'era da fare, sua eccellenza Videla lo aveva giudiziosamente promesso il giorno in cui era salito al trono: prima elimineremo i sovversivi, poi i loro amici e infine gli indecisi.

Il libro di Claudio Fava, Mar del Plata (add editore), ha la stessa velocità d'azione del rugby, uno sport che non concede tempi morti, dove conta la forza fisica, certo, ma più di tutto contano le gambe e l'occhio pronto a cercare il compagno. Il Club La Plata sta lottando per vincere il campionato. Il suo allenatore, Hugo Passarella, è molto severo coi propri giocatori, ostenta un pessimismo che però non convince i ragazzi seduti nello spogliatoio. Il pacchetto è bello solido e l'intesa che si è creata è quella di un team che non può essere fermato facilmente. Ma siamo in Argentina, proprio nel momento in cui il processo di riorganizzazione nazionale di Jorge Videla sta mostrando tutta la sua ferocia.
Il Mono tornò due giorni dopo. Con le mani legate dietro la schiena da due giri di filo di ferro e un buco nella nuca grosso come una noce. Tornò a galla, sulle acque sporche del Rio de la Plata, dopo che le pietre che gli avevano infilato in tasca s'erano ormai perse in fondo al fiume.
La sfida al potere omicida dello stato si trasforma in una resistenza ostinata. Per onorare la memoria di Javier Moretti, detto il Mono, la squadra di Mar del Plata chiede di poter osservare un minuto di silenzio durante una partita. Dopo il fischio dell'arbitro, passati i sessanta secondi, nessuno si muove, con la sensazione che un minuto non basti e che quei momenti sospesi non siano dedicati ad un solo ragazzo, ma a tutto un paese che si sta autodistruggendo, sterminando una generazione. 

Di minuti ne passarono dieci. L'affronto fu intollerabile.

Il libro di Claudio Fava si basa sulla storia vera del Club. L'eliminazione dei giocatori del La Plata era diventata una questione di principio, uno dei tanti momenti per mostrare il polso duro del "nuovo ordine" che si stava ristabilendo nel paese, morto dopo morto. 

Nelle geografie del terrore, ci sono sempre dei luoghi che diventano simboli della malvagità e della repressione. L'ESMA, (La Escuela de Mecánica de la Armada ) fa sicuramente parte di questi. Tra il 1976 e il 1983, l'ESMA fu il centro di detenzione e tortura per migliaia di persone, una vera e propria anticamera della morte da cui pochissimi sono usciti vivi. Ed è proprio lì che avviene l'incontro tra l'ufficiale Montonero, incaricato di sorvegliare i ragazzi del La Plata, e il suo superiore, il colonnello Benavides. Due burocrati uniti dallo zelante mandato di cui si fa carico chi non sa disobbedire agli ordini ed esegue senza chiedere spiegazioni, senza dubitare del proprio operato. Saranno loro i personaggi a cui Claudio Fava farà rappresentare la brutalità del regime.


Ernesto Sabato, famoso scrittore argentino e presidente della Comisión Nacional sobre la Desaparición de Personas, istituita dopo la caduta del regime di Videla, disse che i ragazzi dei club rugbistici furono bersagli molto più vulnerabili rispetto a quelli dei club calcistici. Col mundialito alle porte e tutta l'attenzione internazionale rivolta verso l'Argentina, azioni di repressione nei confronti dei calciatori avrebbero suscitato molto più clamore. Il Club La Plata era formato da diversi ragazzi che frequentavano l'università, alcuni di loro avevano aderito a gruppi studenteschi, ma la regola del sospetto non faceva troppe distinzioni e l'omicidio di stato poteva raggiungere chiunque. E così accadde.



Tra il 1975 e il 1978 quasi venti ragazzi della squadra furono fatti sparire. Questi i loro nomi: Santiago Sánchez Viamonte, Mariano Montequín, Otilio Pascua, Hernán Rocca, Pablo Balut, Jorge Moura, Rodolfo Axat, Alfredo Reboredo, Luis Munitis, Jorge Copello, Marcelo Bettini, Abel Vigo Comas, Eduardo Navajas, Mario Mercader, Pablo del Rivero, Enrique Sierra, Julio Álvarez, Hugo Lavalle.


Guardando sul sito ufficiale del club tra le sezioni dedicate alla storia della squadra, alla sua filosofia e agli eventi che scandiscono il calendario, non ho trovato nessun riferimento ai fatti degli anni '70. Eppure nella lista dei capitani inserita sulla pagina web c'è il nome di Mariano Montequin, uno dei primi giocatori ad essere eliminato dal regime. 

Poco tempo fa, in una trasmissione chiamata Pensándonos a Nosotros Mismos, Rual Barandiaran, giocatore del La Plata Rugby sopravvissuto all'annientamento, è intervenuto per raccontare la storia del club e dei compagni uccisi dal terrorismo di stato. Nel 2006 è stata posizionata una targa commemorativa nello stadio dove si allena la squadra, ma Raul lascia trasparire una certa insoddisfazione. Questo piccolo simbolo, arrivato molti anni dopo la fine della dittatura, non è collocato in modo da essere particolarmente visibile. L'intervistatore, Ricardo Martínez, ha elencato tutti i diciotto nomi, lentamente, fermandosi su ognuno per specificare qualche dettaglio sulla vita, tra cui l'età al momento della sparizione. La sensazione è che sia ancora molto problematico poter parlare di quel periodo, nonostante i processi e il trascorrere del tempo. 

Questa stagione vede il Club La Plata al secondo posto della classifica del campionato di rugby argentino, con pochissimi punti di distacco dalla prima. Chissà in quanti sperano nella vittoria del club che vide la propria squadra annientata dal terrorismo di stato. Forse, anche stavolta, nell'anno in cui Jorge Videla è morto, un senso di rivincita guiderà i giocatori. 


Altri articoli dedicati al libro di Claudio Fava e alla storia dei giocatori del La Plata Rugby:
http://libridibordo.noblogs.org/post/2013/05/20/mar-del-plata/
http://www.lindiceonline.com/index.php/60-l-indice/maggio-2013/719-farli-sparire-tutti

Alessio MacFlynn

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