Un Vladimir è per sempre.


Tecnicamente parlando, l’elezione del buon Vladimir Vladimirovic Putin è assolutamente costituzionale, e assolutamente russa. Sarebbe infatti stato anticostituzionale se lui si fosse concesso più di due mandati consecutivi, ma grazie ai servigi del giovane Dmitrij V.V. si è tolto agilmente da quest’impaccio. E per quanto riguarda i brogli, alcuni protestano ma nessuno si sorprende: dopo la caduta dell’URSS si è fatto sempre così. Credo che per capire ben bene che cosa è successo in Russia durante e dopo la perestrojka, e cosa continua a succedere, più che leggere manuali di storia, articoli o giornali, bisognerebbe leggere qualche autore surrealista. E non c’è che l’imbarazzo della scelta, perché alla fine degli anni Ottanta è come se la realtà fosse arrivata ad un punto talmente parossistico, che, per la maggior parte degli autori, scivolare nel fantastico e nel surreale è stata la scelta più naturale. Così nasce il postmodernismo russo. In questo periodo vedono per la prima volta la luce opere di poco precedenti, scritte tra gli anni Settanta e Ottanta (di autori come Bitov, Erofeev, Prigov, Tolstaja e Sorokin), ma al tempo stesso emerge una nuova generazione di scrittori che raccolgono quest’eredità e la portano vivacemente avanti, come per esempio B. Akunin e Viktor Pelevin. Quest’ultimo è uno degli autori più benvoluti da critica e pubblico degli ultimi anni, e a ben ragione. Pelevin riesce infatti a mostrarci impietoso il quadro di sfacelo della Russia post-sovietica e putiniana parlando di tutt’altro. Storie che si svolgono in ambientazioni fantastiche e mondi paralleli, riempite di figure che non sono forse che ombre, ci instilla il sospetto che stiamo vivendo una vita da sonnambuli, sia colpa della vodka, del politichese o della televisione.
Come primo approccio consiglierei di leggere una raccolta di racconti: “Un problema di lupi mannari nella Russia centrale” così da prendere un assaggio della satira poetica e surreale in forma condensata, prima di cimentarsi coi più impegnativi, ma meravigliosi, romanzi. Se tutto va bene, dopo qualche ora di lettura vi precipiterete in biblioteca (o in libreria, se avete i fondi e i libri vi piace tenerli) per accaparrarvi tutto quello che di lui è stato mai tradotto in italiano. 

E tornando all’elezione di V.V., all’idea che in Russia tenga sempre a prevalere la stabilità contro la democrazia e che ci siano dei meccanismi che continuano a ripetersi uguali a se stessi, uno di questi racconti, “Taishow Chuan Urss. Fiaba popolare cinese.” smembra i meccanismi di questo avvicendarsi del potere. Il giovane Chang, contadino in una comune cinese che passa le giornate ubriaco nel suo deposito di riso cercando di sfuggire al capo ‘Engels di Bronzo’ (soprannominato così per la grande competenza politica e la forza fisica), viene improvvisamente sequestrato da due funzionari russi e comincia suo malgrado una lenta ma inesorabile scalata verso il potere con il nome di compagno Salamonskij e il ruolo di governatore. 

“E cosa è accaduto al governatore precedente?” chiese Chang. 
“Il governatore di prima” rispose il portavoce “somigliava a un maiale; veniva mostrato di frequente in televisione, e i lavoratori per un po’ dimenticavano la carenza di carne. Ma poi il Figlio del Pane ha appreso che il governatore nascondeva il fatto di essere stato decapitato da un pezzo e di avvalersi dei servigi di un mago.” 
“E come facevano allora a mostrarlo in televisione, se era stato decapitato?” chiese Chang. 
“Era proprio questa la cosa più umiliante per i lavoratori.” rispose il portavoce, e poi tacque.

Arrivato al vertice, Chang viene eliminato appena osa proporre di rivelare la verità alla gente e costretto a tornare al suo deposito di riso, solo per accorgersi che tutta la vicenda si è in realtà svolta in un grosso formicaio ricavato in un vecchio carro armato giapponese, dove grasse formiche strisciavano da una tana all’altra. 
Mai vivisezione fu più grottescamente spassosa.

Giulia McNope











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